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Il tecnico e l’edilizia privata: responsabilità, abusi edilizi ed obbligo di denuncia agli enti

responsabilità del progettista, art. 481 codice penale

ABUSI EDILIZI PREESISTENTI NELL'EDIFICIO DA RISTRUTTURARE PROCEDURA E PRASSI, RUOLO DEL TECNICO RESPONSABILITA' PENALE SEGRETO PROFESSIONALE

Il tecnico e l’edilizia privata: responsabilità, abusi edilizi ed obbligo di denuncia agli enti, non vi è correlazione alcuna con il segreto professionale

1) Il professionista che, incaricato dal privato per la progettazione di una ristrutturazione, come agisce nel caso in cui rilevi difformità edilizie nell’immobile?

2) Il ruolo del tecnico - progettista

3) La prassi corretta laddove il committente crei insistenze per il completamento della prestazione professionale

4) Trattazione di un caso pratico: “il committente si rivale sul tecnico – progettista per non aver inteso presentare progetto di ristrutturazione per l’immobile nel quale presenti abusi edilizi”

5) L’azione immediata del professionista

6) Il segreto professionale: oggetto e complemento

7) Il segreto professionale al cospetto di ciò che attiene un immobile

8) La Fondazione Italiana del Notariato

1) Il professionista che, incaricato dal privato per la progettazione di una ristrutturazione, come agisce nel caso in cui rilevi difformità edilizie nell’immobile?

Preliminarmente il tecnico rende edotta la committenza circa lo stato di fatto dell’immobile, e, nel consigliare la regolarizzazione dell’abuso, ne effettua la valutazione, in primis se trattasi di “tolleranze costruttive” ai sensi dell’art.34 del D.p.r. 380/2001, quindi, se non soddisfatta la verifica, classificando le opere eseguite nel rispettivo regime abilitativo secondo i disposti del medesimo Testo Unico per l’Edilizia, si avranno, pertanto tre ipotesi di “sanatoria”:

  • comunicazione di inizio lavori asseverata, C.I.L.A., ai sensi dell’art.6-bis, comma 5, con versamento della sanzione di euro mille, se trattasi di opere che non abbiano interessato le parti strutturali dell’edificio, ovvero rientranti nell’attività edilizia libera;
  • permesso di costruire in sanatoria, ai sensi dell’art.36, se trattasi di interventi eseguiti in assenza o difformità dal medesimo titolo abilitativo edilizio o dalla S.C.I.A. in alternativa al permesso di costruire;
  • segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria, ai sensi dell’art.37 se trattasi di interventi realizzati in sua assenza o difformità.

Le opere da “sanare” dovranno risultare conformi alla disciplina urbanistico-edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso e sia al momento della presentazione dell’istanza per l’ottenimento del permesso di costruire o della trasmissione della S.C.I.A. Nulla esclude il committente rifiuti di sanare le opere, talora anche elevando nei confronti del professionista pretese non legittime, in questo caso la figura del tecnico coincide con quella del progettista? In considerazione del fattore si stia trattando una fase tecnica priva di trasmissione del progetto allo Sportello Unico per l’Edilizia del Comune ove ricade l’immobile, nulla muta in relazione al ruolo del tecnico, la cui figura si deve ricondurre a quella del “progettista” anche in funzione dell’incarico ricevuto e per aver espletato le prestazioni professionali prima viste, quali i sopralluoghi, i rilievi dell’immobile, la rappresentazione grafica, nonché la comparazione tra lo stato di fatto e gli atti assentiti, l’analisi delle difformità e l’individuazione del regime edilizio nel quale rientrano e mediante il quale regolarizzarle.

2) Il ruolo del tecnico - progettista

Il tecnico è il professionista che, iscritto nel relativo albo, presta opera intellettuale la cui disciplina è regolata dal Codice Civile, artt. 2229 – 2238 e dal Codice Deontologico dell’Ordine Professionale di appartenenza.

La prestazione professionale si incentra su determinati principi tra i quali annoverare il rapporto di fiducia con il committente in stretta concomitanza con l’autonomia del tecnico nell’espletamento del mandato, ed in capo al quale deve corrispondere un adeguato compenso commisurato sia all’importanza dell’opera e sia al decoro della professione svolta.

Per quanto concerne la progettazione è noto essa consista nell’elaborare un progetto da non configurarsi nel senso stretto dei soli grafici, bensì in tutte le operazioni che ne permettono la redazione, progetto che naturalmente non può non essere redatto nel rispetto della disciplina urbanistico – edilizia e di ulteriore altra legislazione settoriale se l’immobile è assoggettato a vincolo, previa l’implicita e sempre dovuta osservanza dello Strumento Urbanistico, del Regolamento Edilizio Comunale, delle normative igienico – sanitarie, delle norme sulla prestazione energetica degli edifici e quanto altro necessario.

È durante le fasi di rilievo dell’edificio che il professionista acquisisce tutte le nozioni necessarie per concretizzane la successiva rappresentazione grafica, assume sin da quel momento il ruolo di esercente un servizio di pubblica utilità ai sensi dell’art.481 del Codice Penale. Inutile precisare lo stato di fatto dell’edificio, per norma e prassi, costituisca parte integrante e sostanziale di un progetto destinato al deposito in comune, dovendo corrispondere fedelmente ai luoghi, prevalendo su eventuali progetti precedenti, ragion per cui è consuetudine corredarlo della documentazione fotografica, relazione tecnica ed elaborati tecnici che, rispettivamente integrandosi, debbono fornire una corretta rappresentazione del manufatto edilizio.

Detto ciò emerge che l'errata rappresentazione formi ’illegittimità del titolo edilizio legandosi inscindibilmente alle dichiarazioni rese dal tecnico.

Il nesso logico di particolare riferimento riguarda il fattore la prestazione professionale prescinda, ragionevolmente, da ogni genere di richiesta del committente laddove essa non risultasse allineata con le disposizioni normative e regolamentari secondo un ordine gerarchico assolutamente superiore.

Onere del tecnico è mantenere inalterata l’integrità professionale quandanche il cliente si focalizzi ostinatamente al raggiungimento di un suo specifico scopo o di un interesse economico, nell'intento di realizzare interventi edilizi seppur venendo meno all'osservanza della norma, ovvero ignorando la presenza di un abuso edilizio, circostanza nella quale il ruolo del professionista deve coincidere con quello di garante anche tenuto conto delle conseguenze, comprese quelle di natura penale, non efficaci nei suoi soli confronti ma, bensì, anche nei confronti della committenza.

Entrando nel merito dei contenuti del d.P.R. 380/2001, l’art.29 “Responsabilità del titolare del permesso di costruire, del committente, del costruttore e del direttore dei lavori, nonché anche del progettista per le opere subordinate a segnalazione certificata di inizio attività” è al comma 3 ad essere reso oltremododo chiaro il concetto secondo cui la figura del progettista debba assorbirsi a colui che esercita un servizio di pubblica utilità. Ampia conferma si riscontra nella dichiarazione resa dal tecnico sotto forma di asseverazione nei titoli abilitativi edilizi: ”Il progettista, in qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità ai sensi degli artt.359 e 481 del Codice Penale, esperiti i necessari accertamenti di carattere urbanistico, edilizio, statico, igienico ed a seguito del sopralluogo, assevera che l’intervento, compiutamente descritto negli elaborati progettuali, è conforme agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che è compatibile con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico […]”.

Giuridicamente inteso debbano far capo al tecnico obblighi e responsabilità rilevanti rispetto a quelli di carattere generico, le cui conseguenze, per il venir meno, operano sia sul profilo civile, che su quello penale, a prescindere dal fattore la fase progettuale sia stata formalizzata con il solo conferimento dell’incarico professionale, ma non conclusasi con la presentazione del progetto all’ente preposto.

Al professionista che, in carenza dei requisiti e dei presupposti fondamentali, inoltra un progetto agli enti è ascrivile il reato di cui all’art.481 del Codice Penale “Delitto contro la fede pubblica” punito per falso ideologico commesso dall’esercente un servizio di pubblica utilità, ciò assume rilievo anche nella pronuncia della Corte di Cassazione Penale con la Sentenza 27699/2010: “Il progettista assuma la qualità di persona esercente un servizio di pubblica utilità anche con riferimento alla relazione iniziale che accompagna la denuncia di inizio attività e che quindi assumono rilevanza penale anche le false attestazioni contenute in questa relazione, qualora riguardino lo stato dei luoghi e la conformità delle opere realizzande agli strumenti urbanistici vigenti e non già la mera intenzione del committente o la futura eventuale difformità con le opere in concreto realizzate”.

La sentenza 27699/2010 definisce esaustivamente la circostanza nella quale il progettista, ignorando le verifiche obbligatorie, attesti falsamente, trasmettendo il progetto al Comune, casistica comportante, a sua volta, l’onere per l’amministrazione comunale, chiaramente in quei pochi casi nei quali rilevato l’”errore”, di dover denunciare le irregolarità commesse dal tecnico al Consiglio di Disciplina dell’Ordine Professionale ove iscritto per le eventuali sanzioni disciplinari

3) La prassi corretta laddove il committente crei insistenze per il completamento della prestazione professionale

La abbiamo trattata sinora, la stessa deve, naturalmente, concludersi con la risoluzione del mandato professionale, per tutti i motivi citati, considerando la responsabilità dei soggetti implicati in un processo edilizio (proprietario, progettista, direttore dei lavori) laddove siano iniziati i lavori, maturi immediatamente nel momento in cui realizzate opere in difformità rispetto al titolo, così come nel caso in cui un intervento sia assoggettato al regime della richiesta del permesso di costruire ma venga trasmesso un titolo abilitativo edilizio minore, così come nel caso in cui si intervenga in un edificio nel quale presenti difformità, maturando in questi casi, e come prima citato, il reato di cui all’art.481 del Codice Penale, come conferma la Corte di Cassazione Penale con la Sentenza 30401/2009.

4) Trattazione di un caso pratico: “il committente si rivale sul tecnico – progettista per non aver inteso presentare progetto di ristrutturazione per l’immobile nel quale presenti abusi edilizi”

Siamo giunti in un periodo nel quale non escludere l’ipotesi del committente che, mirando esclusivamente alla fruizione delle agevolazioni fiscali in edilizia, in particolare il cd. “Superbonus 110%” e delle opzioni alternative alla detrazione, quali lo sconto in fattura e/o la cessione del credito, fin tanto che furono vigenti, sia egli medesimo d’ostacolo per il corretto adempimento del mandato professionale del tecnico incaricato.

Poniamo la circostanza nella quale il professionista, ricevuto l’incarico avente ad oggetto lo studio di fattibilità degli interventi oggetto di detrazioni, nonché la progettazione e la successiva direzione lavori, nonostante la semplificazione introdotta al comma 13-ter dell’art.119 del decreto Rilancio, non più comportante l’attestazione dello stato legittimo dell’immobile, stabilisca di operare secondo diligenza, ragion per cui si “cimenta” all’analisi di tutta la documentazione edilizia in possesso del cliente e depositata presso gli enti, effettua gli opportuni accertamenti, rilievi e misurazioni in sito e ricava l’edificio non sia conforme né rispetto ad una Autorizzazione Edilizia ottenuta anni prima e né rispetto ad una successiva S.C.I.A. Oltremodo il professionista incaricato analizzando i citati titoli edilizi precedenti ravvisa siano carenti, il primo, della comunicazione del termine dei lavori, ed il secondo del collaudo amministrativo, deducendone le risultanze normative.

Portato il committente a conoscenza della questione lo ragguaglia, come abbiamo accennato al paragrafo 1, circa la necessità di trasmettere, preventivamente alla pratica edilizia per l’avvio dei lavori agevolati, il progetto finalizzato alla regolarizzazione degli abusi, facendo, altresì, presente che in caso contrario pena la rinuncia all’incarico professionale per impossibilità a procedere.

Come trattato nel presente il committente è la figura che affidandosi al professionista, secondo un rapporto di fiducia, deve pretendere questo agisca secondo scienza e coscienza con il dovere dell’osservanza di ogni principio etico, deontologico ed operativo legato allo svolgimento della sua professione, fattore sul quale il committente non sempre conviene.

Alla luce di ciò, sovente la committenza richiede altri pareri e nel rivolgersi ad un altro professionista, purtroppo, non solo riesce a raggiungere il suo scopo venendo meno ad ogni logica legislativa, inconsapevole di ogni possibile problematica futura soprattutto se derivante dai controlli da parte del fisco inerenti la indebita fruizione delle agevolazioni fiscali, ma più gravemente la committenza in questione viene diretta verso una concezione non legittima sotto nessun profilo.

Non sono casi, purtroppo rari, anzi con più costanza si verifica il privato riesca ad individuare un tecnico che, senza effettuazione di alcuna verifica in senso alla legittimità urbanistico – edilizia del manufatto edilizio, così come dal punto di vista strutturale ed antisismico, asseveri facilmente i futuri interventi da realizzare, conducendo il soggetto titolare non solo in una convinzione scorretta, ma ponendolo nella posizione dei rischi derivanti dall’illecito edilizio e dalle frodi fiscali.

Tornando al nostro esempio, la casistica in questione si conclude con l’azione del committente giungendo a denunciare il precedente tecnico per essersi, giustamente e legittimamente, rifiutato di rendere false attestazioni ed asseverazioni, pertanto di presentare un progetto. L’accusa del committente nei confronti del professionista ha ad oggetto essere egli causa della perdita delle agevolazioni fiscali.

5) L’azione immediata del professionista

Chiaramente ciò che porta ad agire il tecnico è far luce sulla motivazione impeditiva del prosieguo del rapporto professionale, quindi sulla presenza degli abusi edilizi nel fabbricato, per fare ciò richiede agli enti preposti gli opportuni e dovuti accertamenti. In relazione alla pendenza della denuncia elevata dal committente presso il Consiglio di Disciplina dell’Ordine Professionale nel quale iscritto il tecnico, è in sede di audizione di questi che, inopportunamente, l’organo giudicante eccepisce il venir meno del professionista al cd. “segreto professionale” con la richiesta di accertamento agli enti circa gli abusi edilizi, ciò nonostante letteratura, annotazioni e pronunce giurisprudenziali, nonché normativa e provvedimenti vigenti classifichino tale segreto professionale in tutt’altra sfera giuridica.

6) Il segreto professionale: oggetto e complemento

Il segreto professionale è giuridicamente definito un’“obbligo normativo per alcune figure professionali, quali il libero professionista, il lavoratore dipendente ed il dipendente pubblico, cui imposto non rivelare o pubblicizzare informazioni delle quali venuti a conoscenza per motivi di lavoro e soprattutto per le quali è imposto uno specifico obbligo di segretezza”.

Coincide con un vincolo di riservatezza ma attiene solo ed esclusivamente i dati sensibili conosciuti in relazione e durante l’attività svolta, nulla vi ha a che vedere e rileva ai suoi fini se costituente informazioni di pubblico dominio, rientrano tra queste tutte quelle inerenti un immobile, proprio per l’assenza del requisito di segretezza.

Come accennato oggetto dell’assoluto mantenimento del segreto professionale sono solo i dati sensibili, ovvero tutte le informazioni che, permettendo di identificare un soggetto, ne rivelano caratteristiche proprie, abitudini, stile di vita, relazioni personali, stato di salute, patrimoniale, e così via, vi rientrano i dati anagrafici, le immagini, il codice fiscale, il numero di targa, ed ancora i dati svelanti l’origine razziale o etnica, la declinazione religiosa, ideologica.

Si annoverano tra i dati sensibili anche le comunicazioni telefoniche o avvenute a mezzo internet, la geolocalizzazione e tutte le informazioni che, in genere, rivelano gli spostamenti e/o i luoghi frequentati, inoltre il Regolamento UE 2016/679 include i dati genetici, i dati biometrici ed i dati afferenti l’orientamento sessuale.

Sono protetti da tutela del segreto professionale i dati “giudiziari” riguardanti le condanne penali ed i reati, le qualità di imputato o di indagato, e, come introdotti dal Regolamento UE sopra citato, i dati relativi alle condanne ed ai reati connessi con le misure di sicurezza.

Ai sensi del Regolamento UE 2016/679 per quanto concerne il trattamento dei dati personali del cliente, da parte del Titolare, il professionista, il riferimento specifico è ampiamente ricondotto all’indirizzo, al codice fiscale, e quanto previsto al punto 1, paragrafo 1, dell’articolo 4, spetta, pertanto, al Titolare del trattamento dei dati personali tutelare, con o senza mezzi automatizzati, esclusivamente ciò che riguarda la “protezione” dei dati sensibili, mediante la raccolta, la registrazione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione e così via, come disposto dal punto 2, paragrafo 1, articolo 4 del Regolamento UE 2016/679.

A rigor di logica ed a scanso di ogni mera interpretazione secondo il dettato normativo ed il Codice Deontologico il professionista, nel non venir meno al segreto professionale, ha il dovere e l’obbligo di mantenere la massima riservatezza sull’attività prestata, sulle informazioni fornite dal cliente e su quelle di cui venuto a conoscenza in dipendenza del mandato, obbligo permanente anche a conclusione del mandato professionale con valenza per i suoi dipendenti o collaboratori, rispondendone egli per l’eventuale infrazione da parte di questi ultimi.

Obbligo che chiaramente e senza dubbio attiene i dati sensibili come elencati e non fattori o elementi inconducenti derivanti da soggettive interpretazioni che ne viziano il legittimo raggio di applicazione.

7) Il segreto professionale al cospetto di ciò che attiene un immobile

Già precisato, non esiste attinenza alcuna tra quanto rientrante nel criteri del segreto professionale rispetto ai dati di un immobile, avvalorando la tesi, non l’ipotesi, l’azione del professionista consista, tra le varie, anche in un indiscusso dovere di tutelare l’interesse collettivo salvaguardato con la repressione dell’abusivismo edilizio.

La segnalazione di un illecito edilizio conforma, oltremodo, un rapporto di concomitanza dovuto al fattore rientri l’abuso tra i reati, ragion per cui ai sensi della normativa è “imposto” al professionista, nel ruolo da egli svolto, di denunciare l’illecito di cui si è venuti a conoscenza, sia per disposto del Codice Penale e sia nella veste del pubblico ufficiale che omettendo o ritardando la segnalazione all’autorità commette ulteriore illegittimità con prevista punizione.

Rientra nella medesima fattispecie la circostanza nella quale il professionista assolva al dovere anche nel corso di una controversia con un cliente, ovvero nel contesto di una procedura disciplinare, limitatamente al necessario o più ampiamente rispetto al fine da salvaguardare.

8) La Fondazione Italiana del Notariato

L’Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato, ha diffuso il trattato “Il segreto professionale. La tutela del segnalante. Il divieto di comunicazione. La tutela della privacy” di Caterina Valia, dal trattato emerge in relazione al segreto professionale: “Il concetto di giusta causa consente di tracciare i limiti di operatività del segreto professionale giustificando la rivelazione della notizia ed esonerando il professionista da qualunque responsabilità; è necessario effettuare, quindi, un'attenta valutazione dei vari interessi coinvolti di volta in volta e, operando un bilanciamento tra le contrapposte esigenze, sacrificare la segretezza nelle ipotesi in cui sia necessario garantire l'attuazione di prevalenti finalità”.

Dott. in Ing. e Geom. Donatella Salamita


CNI e riconoscimento dei Crediti Formativi per Ingegneri: ecco le novità 2020.

fonte immagine:https://www.ingenio-web.it/ordini-ingegneri/5-consulta-ordini-degli-ingegneri-della-sicilia/25533-cni-e-riconoscimento-crediti-formativi-nuova-tempistica

A cinque anni, ormai, dall’introduzione dell’obbligo di aggiornamento professionale, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha messo in atto alcune iniziative per migliorare le attività formative. Oltre ad un restyling grafico della piattaforma formazione mying, il portale offrirà nuovi servizi e strumenti operativi di controllo, per migliorare la fruizione da parte di tutti gli iscritti all'Ordine. Il Presidente del Consiglio nazionale degli Ingegneri (CNI), Armando Zambrano, e il Consigliere Segretario, Angelo Valsecchi, hanno trasmesso a tutti i Presidenti degli Ordini provinciali d'Italia una nota da diffondere agli iscritti, che ha per oggetto: “Formazione - implementazione nuova piattaforma formazione - autocertificazione aggiornamento informale - riconoscimento Cfp formali e richieste di esonero- nuova tempistica presentazione istanze”. Con la circolare CNI 464/2019 sono state stabilite le nuove scadenze per la presentazione dell'istanza di riconoscimento dei CFP per l'autocertificazione relativa ai crediti 2019 attraverso la nuova piattaforma MYING, che sarà operativa dal 14 aprile 2020 e sarà disponibile e aperta dal 1 febbraio 2020. In considerazione di questo cambiamento e dell’introduzione delle nuove modalità di presentazione di autocertificazione delle attività di aggiornamento informale sono state rimodulate le tempistiche di presentazione delle diverse istanze dei professionisti.

I nuovi termini per le attività di riconoscimento di crediti informale sono così determinati:

  • a partire dal 1° febbraio 2020 e fino al 13 aprile 2020 sarà possibile per gli Iscritti visionare sulla piattaforma il nuovo modello di autocertificazione per il riconoscimento di 15 CFP a seguito delle attività di aggiornamento informale svolte nel 2019 (art.5 .2 Testo Unico 2018) ed inviare eventuali richieste di modifica e integrazione, anche a seguito dei controlli che saranno effettuati;
  • la presentazione delle autocertificazioni ufficiale sarà possibile dal 14 aprile 2020 fino al 30 giugno 2020;
  • a partire dal 14 aprile 2020 e fino al 30 giugno 2020 sarà possibile inviare l'autocertificazione per il riconoscimento di ulteriori CFP Informali (da art.5.3.1 a art.5.3.7 Testo Unico 2018) per le seguenti attività svolte nel 2019: pubblicazioni di articoli, monografie, contributi su volume; concessione di brevetti; partecipazione qualificata a commissioni e gruppi di lavoro; partecipazione a commissioni esami di stato per l'esercizio della professione e partecipazioni a interventi di carattere sociale;
  • a partire dal 1 luglio 2020 e fino al 31 gennaio 2021 sarà possibile per gli iscritti, come previsto all 'art.6 del Testo Unico 2018, inoltrare al proprio Ordine, esclusivamente attraverso la nuova piattaforma, le domande di riconoscimento dei CFP Formali relativi al 2020 per la frequenza di dottorati, master e insegnamenti universitari su materie connesse all 'attività professionali;
  • a partire dal 1 luglio 2020 e fino al 31 gennaio 2021 sarà possibile per gli iscritti inoltrare al proprio Ordine, anche tramite la nuova piattaforma, tutte le richieste di esonero relative al 2020 di cui all'art.11 del Testo Unico 2018.

È bene ricordare che la data di scadenza per le domande di riconoscimento dei CFP formali e per le richieste di esonero da presentare agli Ordini relative al 2019 rimane fissata al 31 gennaio 2020. A partire dal 1 ° febbraio 2020 sarà possibile per gli Ordini caricare nella nuova piattaforma le delibere di riconoscimento degli Esoneri e dei CFP formali e la relativa attribuzione/detrazione di CFP.


Nel prossimo Consiglio dei Ministri il ddl #CantiereAmbiente.

Fonte foto:http://www.agrigentonotizie.it/cronaca/100-milioni-comuni-agrigentini-rischio-idrogeologico-patto-per-il-sud-gennaio-2016.html

Nell'ambito della difesa del suolo riveste sostanziale importanza l'attività di mitigazione e prevenzione del dissesto idrogeologico connesso all'instabilità dei versanti, dovuta a particolari aspetti geologici e geomorfologici di questi, o di corsi fluviali in conseguenza di particolari condizioni ambientali, condizioni atmosferiche meteorologiche e climatiche che interessano le acque piovane e il loro ciclo idrologico una volta cadute al suolo, con possibili conseguenze sull'incolumità della popolazione e sulla sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale e culturale. L’Italia è uno dei Paesi col maggiore livello di rischio idrogeologico: il 24% del territorio nazionale è a rischio idraulico, il 19,9% a rischio frana.

La mitigazione del rischio idrogeologico è “Una politica delle buone intenzioni sempre enunciata e mai praticata” afferma il Presidente del Consiglio Nazionale Ingegneri, Armando Zambrano, intervenuto nei giorni scorsi al convegno: “La tempesta Vaia: il modello veneto di mitigazione del rischio e gestione delle emergenze”, tenutosi a Belluno, organizzato dal CNI e dall’Ordine degli ingegneri della provincia veneta; questo è un nuovo appello ad innalzare l’attenzione sul rischio idrogeologico. “In materia di mitigazione del rischio idrogeologico – spiega il presidente Armando Zambrano – il Paese ha quasi sempre registrato un forte scarto tra enunciazione di politiche di intervento nelle aree a rischio e capacità di investimento per la messa in sicurezza dei singoli territori. Il livello di attenzione di tutta la classe politica è stato, negli anni, fortemente discontinuo con livelli di investimento che in quasi tutto il territorio non sono mai stati all’altezza del livello di rischio e soprattutto delle buone intenzioni spesso enunciate”. “Oltre alla prevenzione – aggiunge Zambrano – serve anche un metodo di intervento sul territorio. Non è sufficiente agire in emergenza e non lo è neanche disporre di risorse da investire in opere di mitigazione del rischio: serve invece un’opera costante di monitoraggio delle aree a rischio e approntare un’attività di manutenzione costante nel tempo delle stesse opere finalizzate alla manutenzione. Serve in sostanza conoscenza e tecnica ingegneristica ma anche un metodo di applicazione di questa tecnica sul territorio. Si tratta ovviamente di scelte di tipo politico che il CNI sente di dover proporre ai propri interlocutori.”

Il dato che testimonia la realtà cui fa riferimento Zambrano è quello relativo alla spesa, sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo. Secondo i dati raccolti del Centro Studi CNI, dai primi anni 2000 ad oggi, l’incidenza degli investimenti pubblici per “la tutela dell’ambiente e la difesa del suolo” sui principali investimenti in opere pubbliche, anziché aumentare si è ridotta: nel 2000 si attestava a 2,3 miliardi di euro, mentre nel 2016 (ultimo dato disponibile) è stata pari a 2 miliardi. Difficile pensare, sulla base dei dati del CNI, che nell’ambito delle politiche pubbliche la mitigazione del rischio abbia rappresentato una priorità. Si è intervenuti per lo più in fasi di emergenza, con interventi estemporanei, con interventi di difesa del suolo finanziati direttamente attraverso programmi gestiti dal Ministero dell’Ambiente.

Tuttavia nel prossimo Consiglio dei Ministri, il Governo dovrebbe approvare un il Disegno di legge “#CantiereAmbiente” recante disposizioni per la mitigazione del dissesto idrogeologico e la salvaguardia del territorio. Lo schema del disegno di legge contiene misure di razionalizzazione, semplificazione e riordino in materia di salvaguardia del territorio, si vuole intervenire sui processi di governo delle mitigazioni del rischio idrogeologico. In particolare, si vuole innovare lo scenario normativo attuale, modificando le disposizioni già previste in materia commissariale al fine di garantire il coordinamento e la realizzazione degli interventi funzionali ad assicurare la salvaguardia del territorio e la prevenzione dei rischi e delle emergenze. Nel dettaglio, l'articolo 1 del disegno di legge riorganizza il metodo di programmazione degli interventi attribuendo ai Presidenti di regioni, quali commissari contro il dissesto idrogeologico ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, il compito di predisporre un Programma d'azione triennale. Tale Programma deve essere realizzato in coerenza con i piani distrettuali di bacino e deve essere articolato per piani stralci annuali, così da presentarsi come uno strumento flessibile, ed è volto ad individuare gli interventi puntuali da porre in essere, secondo una precisa cadenza temporale, nonché le relative risorse. L'articolo contiene, inoltre, un elenco dettagliato volto a specificare quali attività costituiscono interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e di salvaguardia del territorio e possono, quindi, essere ricomprese nell'ambito del Programma d'azione triennale.


63° Congresso Nazionale degli Ordini degli Ingegneri: gli obiettivi del congresso

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Si terrà a Roma dal 12 al 14 settembre 2018 e vedrà gli ingegneri come protagonisti della modernizzazione del Paese

Prende avvio mercoledì il 63° Congresso Nazionale degli Ordini degli Ingegneri d’Italia: si tratta di un appuntamento importante che cade in un momento in cui, tra le pieghe del dibattito politico, gli ingegneri e la professione sono chiamati ad essere protagonisti di una nuova fase di crescita del nostro Paese. È questo l’obiettivo che si pongono gli ingegneri italiani mediante la costituzione di una nuova classe dirigente in grado di fornire soluzioni e progettare il Paese e il suo futuro.

“Per il nostro sistema, che rappresenta più di 240.000 ingegneri, si tratta di un appuntamento di particolare importanza." – commenta Armando Zambrano, Presidente del Consiglio Nazionale Ingegneri - "Intendiamo confrontarci con esperti del mercato del lavoro e dell’economia sui temi più attuali che riguardano i diversi ambiti in cui operiamo. Ma anche con i numerosi rappresentanti del Governo e delle istituzioni democratiche, che saranno presenti. Il quadro economico dell’Italia, sebbene ancora caratterizzato da elementi di incertezza, è in una fase di ripresa, timida, ma evidente. Lo scenario può cambiare, portando con sé una nuova crescita, ma occorre sapere leggere gli eventi ed essere propositivi sulle azioni da intraprendere a favore del Paese e della nostra categoria”.

Gli ingegneri, d’altra parte, rappresentano in Italia una forza economica rilevante, testimonianza di un paese che funziona: secondo i dati elaborati dal Centro Studi del CNI, infatti, il settore dell’ingegneria contribuisce attualmente alla formazione dell’1,5% del Pil nazionale e costituisce una punta avanzata del sistema produttivo. Il valore complessivo del comparto nel 2017 è stato di 25,9 miliardi di euro e nel 2018 si stima possa arrivare a toccare quota 26,7 miliardi, in crescita per due anni di seguito dal 2016.

Il congresso porrà inoltre l’attenzione sul dovere di ogni ingegnere di essere protagonista del nuovo ciclo di crescita del paese, mediante i diversi stimoli e cambiamenti che offre la professione dal punto di vista normativo, tecnologico e di mercato.

“Il sistema ordinistico" – prosegue Zambrano – “deve pertanto essere in grado di accompagnare il mutamento, offrendo agli iscritti servizi a maggiore valore aggiunto, diventando un attore della crescita nelle singole realtà produttive che compongono il Paese, accompagnando le giovani generazioni ad essere competitive nel mercato del lavoro. Vogliamo che il Congresso Nazionale 2018 sia, ancora una volta, luogo di confronto di idee e di proposte concrete per rendere l’Ingegneria, ma in generale le professioni liberali, protagonisti della modernizzazione del Paese”.

L’evento, che si terrà presso l’Ergife Palace Hotel a Roma, vedrà anche la partecipazione di numerosi esponenti delle istituzioni, tra cui i Ministri Danilo Toninelli (Infrastrutture e Trasporti) e Barbara Lezzi (Ministra del Sud). Si avranno inoltre riscontri pratici nei numerosi workshop, che si svolgeranno parallelamente ai lavori del Congresso e che rappresentano una delle più interessanti novità di questa 63° edizione.